Questo è il sito cristallizzato a come era il 26 Giugno 2006, giorno in cui la riforma fu bocciata dal popolo Italiano.
Il sito attuale è www.laCostituzione.it


si scrive www.laCostituzione.it ma si legge viva, viva, viva laCostituzione italiana

 

una approfondita analisi della riforma

vi inoltro delle motivazioni che ho inviato ad un mio amico in modo da convincerlo a non farsi prendere in giro dalla "propaganda" che si sta sostenendo nei spot pubblicatari a favore del si.

Ciao Tony, ho scaricato da internet il testo della riforma e dopo averla letta col testo a fronte articolo per articolo, ti dico le mie ragioni, ovviamente motivandole, per cui voterò NO. Ti premetto che non è una questione di scelta politica, ma un'analisi che mi permetto di fare in base alle poche conoscenze che ho della materia [NdR: studente in giurisprudenza].

  1. La prima cosa che non mi convince è la riduzione del numero dei parlamentari che scendono, alla Camera, da 630 a 518 (compresi i deputati che rappresentano la circoscrizione "Estero") e, al Senato, da 315 a 252 senatori. Chi sostiene questa riforma ritiene giustamente che questa riduzione servirà soprattutto a ridurre i costi e le spese dello stato e tale motivazione mi sembra più che condivisibile. In realtà però nelle disposizioni transitorie si dice che tale riduzione di parlamentari avverrà solo nel 2016 e cioè tra 10 anni e quindi non in questa, non nella successiva, ma addirittura tra 3 legislature. Inoltre, tale riduzione non mi sembra nemmeno così entusiasmante perché i deputati saranno poco più di 100 in meno ( senza tenere conto che a questi comunque dovranno aggiungersi i deputati a vita) e al Senato poco più di 50 in meno senza tenere conto che il "Senato federale" sarà composto, oltre che dai 252 Senatori, anche dai rappresentanti delle Regioni e delle Autonom ie Locali che devono essere uno per ogni Regione e uno per ogni Consiglio delle Autonomie Locali più i rappresentanti delle province autonome di Trento e di Bolzano. Per cui ai 252 Senatori dovranno aggiungersi 20 rappresentanti delle Regioni più i rappresentanti delle Autonomie Locali più quelli delle province autonome. Non credo che si arriverà a toccare la soglia di 315 Senatori come ora il testo dispone, ma in tutto il Senato sarà composto da poco meno di 300 membri e quindi ben pochi in meno rispetto a quelli di ora. Credo che se la riforma fosse stata fatta davvero con lo scopo di ridurre in numero dei parlamentari, avrebbe dovuto farlo drasticamente. Pensa che negli USA il Senato federale è composto da solo 100 senatori, 2 per ogni Stato e negli USA vivono più di 250 milioni di persone e cioè 5 volte in più degli italiani. Con ciò voglio dirti che tutta questo bisogno di rappresentatività in Italia non c'è e la riforma non si muove di certo in questo senso.
  2. Altro elemento di dubbio è questo "Senato federale". In entrambi i primi commi dell'art 57 (prima e dopo la riforma) si stabilisce che il Senato deve essere eletto su base regionale ed infatti ogni Regione ha sempre dovuto avere un minimo numero di senatori che le rappresentasse (7 nell'attuale testo e 6 nel testo riformato). Se la riforma vuole chiamare "federale" il Senato, non credo che sia un problema per lo stesso motivo per cui non lo sarebbe stato se il testo del '48 avesse scelto l'espressione "Senato federale" invece di "Senato" e basta. Il Senato è sempre stato composto su base regionale e l'unica differenza è che la riforma ha previsto che oltre ai senatori ci fossero anche i Rappresentanti delle Regioni, delle Autonomie Locali e delle province autonome di Trento a Bolzano. A mio avviso però ha poco senso visto che il nuovo art. 57 sesto comma dice chiaramente che tali Rappresentanti NON HANNO DIRITTO DO VOTO. Mi spieghi che senso ha parlare di federalismo quand o i rappresentanti delle autonomie non hanno diritto di voto nelle questioni che li riguardano? Io penso, come si dice pure nel sito www.lacostituzione.it, che per risolvere il problema basta una buona legge elettorale per l'elezione del Senato perché nella Costituzione c'è sempre stato scritto che il Senato si elegge su base regionale.
  3. Altro dubbio mi sorge sull'art. 59 che stabilisce che il Presidente della Repubblica può nominare 3 deputati a vita. Lo stesso articolo dice però che i deputati a vita non possono essere, in alcun caso, superiori a 3, per cui se ci saranno già 3 deputati a vita, il Presidente della Repubblica non potrà procedere alla nomina a tale carica anche se ci sono Personalità che illustrano la Patria per altissimi meriti sociali, scientifici, artistici e letterari. Questo significa che alcuni Presidenti della Repubblica potranno effettuare le nomine e altri no perché tutto dipende da quanti deputati a vita già ci sono alla Camera. Ci saranno quindi cittadini che meritano la carica di deputato a vita, ma che non potranno riceverla e non capisco perché si debba precludere tale diritto a chi presta un grande servizio ed onora il Paese.
  4. Ulteriore problema potrebbe nascere dalla durata delle Camere. Il testo del '48 stabilisce che entrambe le Camere durano 5 anni. Con la riforma solo la Camera durerà 5 anni, perché il Senato si rinnoverà man mano e contestualmente alle elezioni Regionali (art. 57 secondo comma riformato). Ciò significa che mentre la composizione politica della camera rimarrà omogenea per tutta la legislatura, quella del Senato no e nulla esclude che il Senato abbia una rappresentanza politica opposta rispetto a quella della Camera. Se pensi alla legislatura 2001-2006 (governo Berlusconi di centro-destra), ci si rende conto di come questa riforma possa rappresentare un problema. Le elezioni regionali avvenute durante il governo Berlusconi hanno dimostrato che su base regionale gli elettori possono preferire altri schieramenti, anche opposti rispetto a quelli presenti in Parlamento ed infatti, quelle elezioni amministrative, in 16-17 regioni furono vinte dal centro-sinistra. Se all'epoca fosse stata in vigore questa riforma, ci si sarebbe trovati nell'impossibilità di governare in quanto avremmo avuto la Camera a maggioranza di centro-destra e il Senato a maggioranza di centro-sinistra. A ciò si potrebbe obiettare sostenendo che il nuovo testo dell'art 70 prevede competenze legislative diverse ( primo e secondo comma del nuovo art. 70), ma è pure vero che il terzo comma dell'art 70 prevede che la funzione legislativa debba essere esercitata collettivamente per le materie più delicate in cui si ravvisa l'interesse nazionale. Se però le Camere hanno una composizione politica diversa, mi dici come si può trovare un accordo su questioni così importanti? Il risultato sarebbe il blocco della funzione legislativa almeno per le materie di interesse nazionale. E ti dico di più: il primo e il secondo comma del nuovo art. 70 stabiliscono che sia la Camera che il Senato federale, entro un mese dall'approvazione, possono chiedere il riesame della legge già approvata nel l'altra camera. Se però le Camere hanno una composizione politica diversa, entrambe avrebbero interesse a chiedere il riesame di un provvedimento che è espressione di una volontà politica differente, per cui i problemi del bicameralismo perfetto non verrebbero risolti ed anzi, la funzione legislativa si ritroverebbe bloccata pure per le materie di competenza esclusiva di ciascuna Camera.
  5. Non sono d'accordo nemmeno su quello che stabilisce il quarto comma del riformato art. 70 che prevede l'ingerenza del Governo nelle competenze del Senato circa la funzione legislativa ad esso riservata per certe materie. Il Governo infatti può pretendere che la legge venga cambiata in tutto o in parte se essa rappresenta un ostacolo all'attuazione del programma governativo. In questo caso, il Presidente della Repubblica autorizza il Primo Ministro ad esporre le sue motivazioni al Senato stesso che se non cambia il testo entro 30 giorni, si procede al trasferimento dello stesso alla Camera che decide in via definitiva sulle modifiche. A mio avviso questo non è federalismo! È giusto che ci sia un controllo sugli atti delle Regioni per evitare che questi siano lesivi degli interessi nazionali, ma è pure vero che il testo del '48 stabilisce che gli eventuali conflitti in questo senso sono decisi dalla Corte Costituzionale in qualità di organo-terzo rispetto a Governo e Regioni e non dal Parlamento che riveste invece il ruolo di parte nel conflitto di interessi in quanto legato dal rapporto di fiducia al Governo. Inoltre con la riforma del titolo V operata nel 2001, l'art. 127 equipara oggi la posizione dello Stato e quella delle Regioni circa i controlli che l'uno o le altre possono esercitare rispettivamente sulle leggi regionali e sulle leggi statali. Con questa riforma invece si prevede un'ulteriore ingerenza del Governo nella competenza legislativa regionale quando si ritiene che comprometta l'interesse nazionale. In questo caso infatti il Governo può chiedere alla Regione di "rimuovere le disposizioni pregiudizievoli". Se però le regioni non lo fanno, il Governo sottopone la questione al Parlamento riunito in seduta comune che può annullare, in tutto o in parte, la legge regionale. Anche in questo caso si consente al Governo di ingerirsi nelle competenze regionali. Come ti ho detto, sui conflitti che nascono tra due organi, deve decidere la Corte Costituzionale. Chi supporta questa riforma dice che ciò è stato fatto per alleggerire il lavoro della Corte alla quale, sia Stato che Regioni, presentano numerosi ricorsi per conflitto di attribuzione. Ciò è vero, ma non serve a giustificare la sottrazione alla Consulta di una competenza così importante anche perché essa comunque continuerà a giudicare sui conflitti di competenza normativa tra Stato e Regioni e quindi non si capisce il motivo per cui non potrebbe decidere anche se le leggi regionale sono o meno pregiudizievoli dell'interesse nazionale. Penso che tra il principio della terzietà della decisione, compromesso per aver attribuito al Parlamento una decisione che, per una questione di rapporto fiduciario che lo lega al Governo, necessariamente risolverà in favore di questo, e l'alleggerimento del lavoro della Corte Costituzionale, prevalga sempre il primo.
  6. L'attuale testo prevede che il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Con la riforma tale prerogativa del Capo dello Stato verrà fortemente limitata ai soli casi espressamente previsti dal nuovo art. 88 e cioè lo scioglimento potrà essere fatto per richiesta del Primo Ministro, per sua morte o per suo impedimento permanente, per sue dimissioni o de la Camera dei deputati vota la mozione di sfiducia nei confronti del Primo Ministro. Questa rappresenta un'ulteriore ingerenza del Governo negli affari del Parlamento. Che legame c'è infatti tra una mozione di sfiducia presentata e votata dalla Camera contro il Capo del Governo e il successivo e obbligatorio scioglimento della Camera stessa? La Camera è espressione della volontà popolare e se questa decide di sfiduciare il Primo Ministro perché poi la stessa deve sciogliersi determinando nuove elezioni? Attualmente se le Camere sfiduciano il Governo, non devono dimettersi. Lo scioglimento avverrà, come ultima spiaggia, solo quando la composizione politica delle Camere è tale da non consentire la formazione di una nuova maggioranza stabile e dunque, il Presidente della Repubblica indice le elezioni rimettendo agli elettori il diritto di dare un nuovo assetto al Parlamento in modo tale che possa costituirsi una maggioranza solida che possa, a sua volta, accordare la fiducia al Governo. L'attuale testo si prefigge di salvaguardare la volontà popolare per tutta la legislatura ed infatti lo scioglimento delle Camere non dipende dalla sfiducia che queste approvano contro il Governo. La riforma invece riconosce alle Camere il diritto di poter sfiduciare il Primo Ministro, ma fa pagare alla Camera stessa il prezzo per l'esercizio di questo diritto e cioè il suo scioglimento. Non mi sembra logico riconoscere il diritto di espressione subordinando tale diritto alla morte di chi lo esprime! Inoltre, il secondo comma del nuovo art. 88 prevede che non si procede allo sci oglimento per richiesta, morte, impedimento permanente o dimissione del Primo Ministro, se i SOLI parlamentari di maggioranza votano una mozione con cui dichiarano di voler continuare nell'attuazione del programma designando un nuovo Primo Ministro. Perché i parlamentari dell'opposizione non sono chiamati a decidere su una cosa così importante come la nomina del nuovo Governo al posto dello scioglimento della Camera? A mio avviso questa è la costituzionalizzazione della dittatura della maggioranza. È vero che anche col testo del '48 in realtà si evince che l'esito della mozione di sfiducia o di fiducia è poi deciso dai voti della maggioranza, ma è pure vero che non si impedisce di certo ai parlamentari dell'opposizione di esprimersi.
  7. Altro punto con cui non sono d'accordo è la riforma dell'art. 135 relativo ai criteri di nomina dei 15 giudici della Corte Costituzionale. Il testo del '48 stabilisce che i giudici costituzionali sono scelti per 1/3 dal Parlamento riunito in seduta comune, per 1/3 dal Presidente della Repubblica e per 1/3 dai giudici che li scelgono tra i magistrati delle più alte magistrature ordinaria e amministrativa. La riforma prevede invece che 4 giudici sono scelti dal Presidente della Repubblica, 4 sono scelti dai giudici tra i magistrati delle più alte magistrature ordinaria e amministrativa, 3 sono scelti dalla Camera e 4 dal Senato federale. In pratica 7 giudici su 15 sono scelti dal Parlamento. È vero che con la riforma le Camere avranno funzioni diverse e quindi i giudici scelti dal Senato saranno espressione della volontà delle autonomie locali, ma ti ricordo che il Senato federale, come la Camera, rimane comunque un organo politico e ammettere una eccessiva presenza di giudi ci di nomina parlamentare (7 su 15) potrebbe non garantire l'indipendenza della Corte dal potere politico. Come si sa, la Corte, tra l'altro, giudica sulla legittimità costituzionale delle leggi dello Stato, ma se la metà dei giudici che giudicano tali leggi vengono scelti dallo stesso organo che le leggi le fa, non si rischia di creare un bel conflitto di interessi o quantomeno una ingerenza politica del Parlamento nella Corte Costituzionale?
  8. Altro punto della riforma che mi fa riflettere è l'abrogazione dell'ultimo dell'art 138 che tuttora impedisce di sottoporre le leggi ri revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali al referendum confermativo se tale leggi vengono approvate nella seconda deliberazione ed in entrambe le camere a maggioranza dei 2/3 dei loro componenti. La riforma, abrogando questo comma, consente a tutte le leggi costituzionali e quindi anche a quelle approvate a maggioranza dei 2/3, di essere sottoposte a referendum confermativo. Non sarebbe più giusto stabilire che tutte le riforme costituzionali devono essere necessariamente approvate dalla maggioranza dei 2/3 in entrambe le Camere in modo tale che tutte le forze politiche debbano necessariamente trovare un ampio accordo per riformare la Costituzione? Naturalmente ciò senza togliere al popolo la possibilità di pronunciarsi con referendum. In questo modo si garantirebbe il rispetto della volontà popolare che si esprimerebbe su tutte le riforme costituzionali ma, allo stesso tempo, si eviterebbe che la Costituzione diventi oggetto di modifiche da parte della sola maggioranza e quindi si garantirebbe la compromissorietà che è uno dei principi cardine impiantati nel testo dalla stessa Assemblea Costituente.
  9. Leggendo il riformato art. 117, ci si accorge che tra le materie riservate alla legislazione dello stato è stato inserito alla lettera h) l'aggettivo "regionale" accanto all'aggettivo "locale" che era già presente. Il testo riformato statuisce quindi che: "Lo Stato ha la legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a),b),c),d),e),f),g)h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa regionale e locale." Sappiamo che la polizia locale comprende la polizia municipale (Vigili) e la polizia provinciale, ma attualmente non esiste la polizia regionale. Ciò significa che verrà istituito un nuovo corpo di polizia a carico delle Regioni? L'istituzione di un nuovo corpo di polizia è necessario? E non rappresenta una spesa in più per il bilancio delle Regioni? Ma questa riforma non diminuisce il numero dei parlamentari per ridurre le spese pubbliche già troppo elevate?
  10. A mio avviso c'è un premierato troppo forte. Sono d'accordo col primo comma del nuovo art. 95 che stabilisce che i ministri devono essere nominati e revocati dal Primo Ministro. Il secondo comma dello stesso articolo sostituisce però l'espressione "Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo" con l'espressione "Il Primo Ministro determina la politica generale del Governo." Il verbo "determinare" al posto del verbo "dirigere" non è un po' pericoloso? Io penso invece che debba essere tutto il Consiglio dei Ministri a determinare la politica generale del Governo e non il solo Primo Ministro. Le scelte di politica generale, proprio perché generali, devono essere determinate da un organo collegiale e non da un singolo individuo. Spetta poi ai singoli ministri darvi attuazione e specificazione in armonia con le scelte di politica generale determinante dal Consiglio dei Ministri e spetta al Presidente del Consiglio o al Primo Ministro diriger e queste scelte e non apposta, la Costituzione dice che egli "mantiene l'unità di indirizzo politico". Non è troppo forte un Primo Ministro che può "determinare" la politica dei singoli ministeri?
  11. L'ultimo aspetto che davvero non mi piace è l'uso negli articoli dei rinvii ad altri articoli o commi e questo è un errore in cui è caduto anche il centro-sinistra quando nel 2001 ha riformato il titolo V. Il testo del '48 presenta articoli esaustivi in cui si dice tutto senza completare il contenuto con la lettura di altri articoli o commi. La riforma invece, probabilmente per evitare di allungare ulteriormente il testo, ha inserito questi rinvii spesso assurdi e che rendono il testo di non facile comprensione. Guarda il terzo comma dell'art. 70 che fa un rinvio, tra gli altri, all'art. 120 secondo comma, che a sua volta rinvia agli art. 117 e 118. A sua volta l'art. 118 rinvia di nuovo all'art.70, all'art. 114 e ancora all'art. 117. Non si può negare che, a prescindere dal contenuto, il testo è scritto male e merita almeno di essere riformulato.

Silvio
14 Giugno 2006

Risposta di Emanuele

Grazie Silvio per la tua analisi che si aggiunge a quanto da me scritto nella pagina principale di questo sito.
Dalle tue parole ho ricavato parte del testo di "Slogan del SI e realtà".



 



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