La riforma Renzi-Boschi acuisce una deriva personalistica e potenzialmente autorirataria pre-esistente. Infatti i delicati equilibri istituzionali della Costituzione sono saltati giá da alcuni anni ad iniziare dal referendum del maggioritario del 1991. Negli anni successivi é avvenuta la "personalizzazione" delle elezioni portando sulla scheda il nome del candidato Presidente del Consiglio.
In teoria eravamo (e siamo) ancora una repubblica parlamentare, e quindi il Presidente del Consiglio viene scelto dal Parlamento, ma in pratica per la gente é come se lo eleggesse direttamente e ciò ha aumentato il prestigio e il potere del PdC a danni del Parlamento.
A ciò si aggiunga che nel 2005 la legge elettorale Calderoli ("porcellum") ha eliminato le preferenze e pertanto gli eletti debbono la propria legittimazione democratica non al fatto di rappresentre un certo numero di elettori ma solo alla benevolenza del capo partito che li ha inseriti nella parte alta delle liste bloccate.
Quelle che seguono sono considerazioni circa alcune problematiche democratiche evidenziatesi nel tempo e tutt'ora presenti.
la questione di fiducia
A mio avviso nella situazione attuale dovremmo ragionare circa la "questione di fiducia" che il Governo può porre, ossia imporre, al Parlamento. La "questione di fiducia", come si sa, blocca ogni discussione parlamentare e impone a deputati e senatori un "prendere o lasciare": accettare le decisioni del Governo o far cadere il Governo.
Lo spirito della "fiducia", per come è prevista in Costituzione, è la possibilità di cambiare un Governo che non ha più l'appoggio del Parlamento che è legittimato a dare la fiducia ad un nuovo Governo. Per la Costituzione lo scioglimento delle Camere è una conseguenza possibile della sfiducia ma non necessaria.
Invece nella situazione odierna, che di fatto è di elezione diretta del Presidente del Consiglio, la caduta del Governo implica lo scioglimento delle Camere perchè altrimenti si tratterebbe di un "ribaltone" parlamentare ai danni della volontà popolare.
A mio avviso oggi (2011) in Italia rispetto all'equilibrio di poteri previsto dalla Costituzione il potere esecutivo (Governo) predomina sul potere legislativo (Parlamento) perchè:
- il futuro capo del Governo si sceglie uno per uno i Parlamentari che lo sosterrano, senza che gli elettori possano influire in alcun modo (se non votando l'opposizione)
- la "questione di fiducia" rafforza enormemente il Governo ai danni del Parlamento perchè il fatto che la sfiducia comporti il "suicidio" del Parlamento fa si che in Parlamento la mozione di sfiducia passerà solo in casi estremi. E sotto gli occhi di tutti che il Governo chiede spesso, e spavaldamente, la fiducia tanto sa che è quasi impossibile che essa verrà negata.
- dato che il Governo oggi, grazie al premio di maggioranza, ha necessariamente una larga maggioranza parlamentare che lo sostiene, la "questione di fiducia" è un arma che il Presidente del Consiglio usa contro la propria maggioranza per imporle la propria volontà.
stiamo andando verso il presidenzialismo?
Negli ultimi anni abbiamo visto comportamenti "sopra le righe" di alte cariche istituzionali, disegni di legge, decreti legge e leggi ordinarie che, operando al limite della legittimità costituzionale, aumentano di fatto i poteri del Presidente del Consiglio a scapito di quelli del Parlamento. E' evidente a tutti che in questa estate del 2008 il numero di questi "eventi" è improvvisamente aumentato. Come mai?
Sembrerebbe che, essendo fallito il tentativo di imporre il presidenzialismo del premier con le buone (la riforma costituzionale del 2005, fortunatamente annullata dal referendum del 2006) ci riprovano ora in modo surrettizio svuotando dei suoi caratteri originali la Costituzione vigente. Se così fosse il metodo sarebbe sbagliato ma lo scopo potrebbe essere legittimo dato che molte nazioni sono repubbliche presidenziali.
Ma non è questo che sta accadendo perchè il presidenzialismo per poter funzionare, ossia non degenerare in un regime autoritario, deve essere bilanciato da istituzioni appositamente progettate in modo da garantire non solo una effettiva separazione tra i poteri dello Stato ma anche un loro giusto bilanciamento. Inoltre tutte le democrazie, ed in particolare quelle presidenziali, hanno severe leggi anti trust per impedire l'ingresso in politica a chi possiede una eccessiva ricchezza per evitare che costoro 1) possano utilizzare la propria ricchezza per avvantaggiarsi nella lotta politica; 2) una volta eletti abbiano conflitti di interesse che potrebbero indurli ad agire non per il bene della nazione ma per favorire le proprie attività economiche.
Invece il "presidenzialismo all'italiana", ossia quello proposto da alcuni partiti della destra italiana è diverso da quello del resto del mondo. Infatti i suoi propugnatori vogliono che chi vince le elezioni abbia la possibilità di fare tutto ciò che vuole per realizzare il suo presunto "mandato" elettorale. Inoltre il presidenzialismo all'italiana non prevede nulla di serio a proposito di anti trust (indovinate perche! ).
Non sono sicuro che sia possibile realizzare un presidenzialismo così forte senza rinunciare all' effettiva separazione tra i poteri dello Stato, che è il cardine di ogni democrazia liberale. Il rischio è di instaurare un regime che, pur nascondendosi sotto le forme del paternalismo o quelle salvifiche dell'uomo della provvidenza, sarà nei fatti un regime autoritario. Ma anche se fosse possibile, il passaggio da uno stato parlamentare ad uno presidenziale implica un cambiamento totale delle istituzioni e dei loro equilibri e quindi richiede una Costituzione nuova, appositamente studiata per il presidenzialismo. Invece i tentativi di instaurare in Italia il presidenzialismo sono stati parziali in quanto lo volevano innestare su una Costituzione, quella esistente, progettata per una repubblica parlamentare. Sono anche stati tentativi pericolosi poichè, inevitabilmente, la distribuzione dei poteri che ne risultava non era affatto equilibrata. E bene facemmo ad opporci!
no, è l'instaurazione di una repubblica autoritaria!
E' in atto la trasformazione della nostra
democrazia parlamentare
non in una democrazia presidenziale, ma
in una democrazia autoritaria
in cui l'uomo forte,
abusando della legittimità che gli deriva dal voto popolare,
tende a concentrare nella sua persona, o in quella di
pochissimi suoi affiliati,
tutti i poteri: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario.
Questa trasformazione autoritaria non è riuscita per via parlamentare, grazie al referendum del 2006 che ha bocciato la riforma costituzionale, quindi la stanno realizzando di fatto svuotando dei suoi caratteri originali la Costituzione vigente. Ciò non è strano perchè la storia ci ha insegnato che possono avvenire stravolgimenti della vita democratica anche in presenza di una Costituzione formalmente intatta e democratica. Accadde infatti negli anni in cui il fascismo impose il suo regime autoritario senza alcun bisogno di modificare lo Statuto Albertino, che era la Costituzione vigente.
Le possibilità che un autoritarismo si instauri nell' Italia di questi anni sono pericolosamente aumentate a causa della presenza nell'agone politico di persone enormemente ricche che utilizzano le proprie risorse economiche non solo per intercettare le aspettative dell'elettorato, ma addirittura per orientarle attorno alle proprie idee ed ai propri interessi. Tali persone hanno creato dei partiti politici le cui istanze non nascono democraticamente dalla base elettorale ma scaturiscono dal vertice per poi essere inculcate alla base mediante l'uso scientifico dei mezzi di comunicazione di massa, la gran parte dei quali sono o di proprietà del leader o comunque a lui asserviti.
cosa sta rendendo possibile l'instaurazione della repubblica autoritaria?
I tentativi di "svuotare" la Costituzione per aumentare i poteri del Presidente del
Consiglio
a scapito di quelli del Parlamento stanno avendo successo
perchè oggi in Italia
l'istituzione che ha la maggiore legittimazione democratica non è il Parlamento, ma il
Presidente del Consiglio.
Infatti con l'elezione (di fatto) diretta del Presidente del Consiglio abbiamo innestato istituti di democrazia presidenziale su istituzioni idonee ad una democrazia parlamentare e quindi progettate per un certo bilanciamento di poteri che non esiste più. A peggiorare le cose c'è la legge elettorale vigente con la quale gli elettori non possono esprimere preferenze ma solo scegliere il nome del premier. Grazie a questa legge elettorale i Parlamentari non sono tali per diretta investitura popolare ma solo perchè il loro candidato premier li ha inseriti nelle prime posizioni delle liste elettorali bloccate.
Questo sbilanciamento di legittimità democratica a favore del Presidente del Consiglio può essere pericoloso specialmente
se la pubblica opinione
ignora cosa è e perchè è importante la
separazione tra i poteri
dello Stato
oppure se il Presidente del Consiglio, o il suo gruppo sociale di riferimento,
utilizza ingenti mezzi economici per
indirizzare la formazione del pensiero collettivo mediante l'uso sapiente dei media (capaci non solo di registrare stati di ansia ed insicurezza
sociale, ma addirittura di crearli).
In queste condizioni è abbastanza naturale che:
- il Presidente del Consiglio venga riconosciuto come detentore del potere e non di un potere.
- in pochi percepiscano quanto ciò possa essere pericoloso e quindi possano opporsi al suo tentativo di modificare "di fatto" l'assetto istituzionale a suo vantaggio.
Queste due condizioni sono entrambe presenti nell'Italia del 2008 e quindi chi governa non trova grossi ostacoli nel tentativo di esercitare non solo il potere esecutivo ma anche quello legislativo e perfino di asservire quello giudiziario, sottomettendone gli organici ed indicandogli quali crimini e criminali perseguire. Per non parlare del controllo sulla stampa che, in gran parte o è di diretta proprietà del Presidente del Consiglio e ne subisce il controllo politico.
esempi di come si governa in modo autoritario
Un elemento caratteristico dei regimi autoritari è l'uso "disinvolto" delle regole democratiche nello svolgimento della vita istituzionale. E' quanto sta accadendo in questa estate del 2008 in cui per fare approvare più in fretta le proprie proposte di legge, il Governo le presenta come decreti legge approfittandosi del fatto che, in base alla Costituzione, la discussione in Parlamento dei decreti legge deve iniziare entro cinque giorni.
Poichè i decreti devono rispondere a "circostanze straordinarie di necessitá e di urgenza che ne giustificano l'adozione", il Governo non vi include le norme non urgenti, che pure vorrebbe fare approvare velocemete. In questo modo i decreti vengono regolarmente emanati dal Presidente della Repubblica. Ma non appena le leggi di conversione dei decreti approdano in Parlamento, la maggioranza presenta sotto forma di emendamenti quelle norme che erano state omesse nei decreti.
Ovviamente le norme aggiunte ai decreti avranno validità solo dalla promulgazione della corrispondente legge di conversione, ma intanto avranno goduto in Parlamento di una corsia preferenziale che la Costituzione non gli permetterebbe. Chi vuole approfondire l'argomento può leggere: I presupposti della decretazione d'urgenza: disciplina, giurisprudenza e dottrina del Centro Studi del Senato.
A riprova di quanto sopra esposto ci sono questi due emendamenti al cosiddetto "decreto sicurezza" del 23 Maggio 2008: l'emendamento blocca centomila processi e l'emendamento che permette l'utilizzo dell'esercito per pattugliare le città.
Nei pochi giorni intercorsi tra l'emanazione del decreto e la presentazione degli emendamenti al suo ddl di conversione non è accaduto nessun fatto che possa averli resi improvvisamente necessari, è quindi evidente che erano già previsti quando il Governo approvò il "decreto sicurezza".
Questo modo di decretare e legiferare impedisce al Presidente della Repubblica di essere pienamente garante della Costituzione, infatti la sua firma sui decreti non assicura che le norme con corsia preferenziale in Parlamento abbiano davvero i requisiti d'urgenza previsti dalla Costituzione. Nell' Italia di Pulcinella consideriamo questo modo di decretare e legiferare una accettabile "furbata", ma in altri paesi sarebbe certamente considerato un gravissimo reato quale l'attentato alle prerogative del Capo dello Stato, l'attentato contro un organo costituzionale o l'alto tradimento.
Il modo in cui si è arrivati ad approvare la Legge Alfano è un altro esempio di governo "autoritario". Si è infatti trattato di un vero ricatto del Governo al Parlamento e, soprattutto, alla pubblica opinione e al Presidente della Repubblica.
Lo scopo era fin dall'inizio quello di garantire l'immunità al Presidente del Consiglio che entro pochi mesi sarebbe stato certamente condannato nel processo "Mills". Ma una norma che contenesse questa immunità probabilmente avrebbe trovato nel Presidente della repubblica un serio ostacolo e quindi si pensò di richiedere invece una sospensione dei processi del Presidente del Consiglio. Per farla sembrare meno una legge ad personam si estese la sospensione anche agli eventuali processi dei presidenti della Repubblica, del Senato e della Camera.
C'era però il fondato rischio che il Presidente della Repubblica ponesse ugualmente ostacoli dato che anche se allargata la norma rimaneva contraria al principio costituzionale dell'ugualianza dei cittadini di fronte alla legge. Allora la maggioranza fece il suo ricatto:
- emendò il ddl di conversione del cosiddetto "decreto sicurezza" aggiungendovi l'art. 2-ter che prevedeva la sospensione di un anno di tutti i processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002 e aventi pena fino ai 10 anni di reclusione.
- l' Associazione Nazionale Magistrati stimò che in questo modo sarebbero stati fermati oltre centomila processi, e quindi si scatenò la reazione dell'opposizione (manifestazione di Piazza Navona a Roma dell'8 Luglio 2008) e quella dei pochi giornali non allineati, poichè si riteneva ingiusto bloccare centomila processi all'evidente scopo di fermarne uno solo, quello al Presidente del Consiglio.
- la maggioranza dichiarò ufficialmente in Parlamento che l'art 2-ter sarebbe stato cancellato solo dopo l'approvazione della sospensione del processo penale nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. E così fu: non appena questa sospensione divenne la legge Alfano (in soli venti giorni!), l'art. 2-ter fu cancellato, a riprova che doveva servire solo come arma di ricatto.
Il ricatto al Presidente della Repubblica fu perfetto: anche se fosse stato contrario avrebbe dovuto promulgare la Legge Alfano pur di evitare che l'art. 2-ter facesse scempio della giustizia italiana.
Il metodo autoritario di governare lo si è visto anche nel Febbraio 2009. Il Presidente del Consiglio cerca di impedire che sia dato corso ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione (sul caso Englaro) e a questo scopo il Consiglio dei Ministri vara un decreto legge che il Capo dello Stato si rifiuta di firmare in quanto palesemente incostituzionale. Il Presidente del Consiglio allora in una intervista minaccia di modificare la Costituzione se il Capo dello Stato insiste a non promulgare il decreto, ma il Capo dello Stato non si piega. Allora il Presidente del Consiglio impone al Parlamento la discussione in tempi strettissimi di un disegno di legge identico al decreto legge incostituzionale.
Sembra che in pochi se ne rendano conto ma quello del Presidente del Consiglio è stato un pronunciamento golpista poichè tendeva ad assommare nelle proprie mani tutti i poteri: quello Legislativo (fare le leggi), quello giudiziario (farle rispettare) e quello esecutivo (amministrare lo Stato). Poteri che in democrazia debbono invece essere attribuiti a persone (e istituzioni) indipendenti una dall'altra.
qual'è oggi il ruolo del Parlamento?
La nulla legittimazione democratica dei singoli parlamentari provoca gravissimi guai qualora la loro maggioranza fosse risicata e loro volessero votare contro un provvedimento del Governo.
In queste condizione essi dovrebbero scegliere se "votare secondo coscienza" mandando così il Governo in minoranza (e forse facendolo anche cadere), oppure se salvare il Governo ma votare in contrasto alle proprie opinioni.
Ad esempio è successo nel Luglio 2006 quando il Governo ha trovato grandi difficoltà ad avere in Senato l'appoggio di tutta la propria maggioranza su un preciso e limitato aspetto di politica estera quale la missione militare in Afghanistan. Infatti alcuni Senatori della maggioranza, profondamente e intimamenti contrari al rifinanziamento della stessa, hanno ripetutamente detto che avrebbero votato contro. Alla fine tutto si è risolto con il voto di fiducia che ha "piegato" la volontà dei Senatori "ribelli".
Che la situazione non sia chiara lo si deduce dal fatto che entrambe le opzioni hanno valide argomentazioni:
- chi difende la "libertà" dei Parlamentari si rifà al principio Costituzionale tutt'ora vigente secondo cui i Parlamentari sono "eletti senza vincolo di mandato" (art. 67).
- chi difende il diritto del Governo di portare avanti la propria politica argomenta che i Parlamentari sono stati eletti nelle file di una maggioranza e quindi devono adattarsi alla sua volontà o, almeno, a quanto previsto dal suo programma elettorale e da essi sottoscritto prima delle elezioni. La caduta di un Governo ad opera di "ribelli" della stessa Maggioranza sarebbe ovviamente un grave vulnus alla volontà popolare.
E' evidente che il problema della "libertà" di voto dei Parlamentari trascende le differenze numeriche tra maggioranza ed opposizione in quanto la scelta tra votare "secondo" o "contro" coscienza si può porre anche in condizioni numeriche diverse e quindi meno "rischiose" per la tenuta del Governo.
Fino a una decina d'anni fa il problema non esisteva, almeno formalmente, poichè gli elettori legittimavano col proprio voto solo il Parlamento che a sua volta legittimava il Governo. La volontà popolare risiedeva esclusivamente nel Parlamento il quale poteva fare e disfare il Governo in ogni momento (e ciò succedeva molto spesso, come tutti ricordiamo!). La caduta di un Governo non era un vulnus alla volontà popolare, ma semmai ne era una conseguenza.
Oggi il problema della "libertà" di voto dei Parlamentari invece esiste poichè oggi non sono più i soli Parlamentari ad esprimere la diretta volontà popolare, ma anche il Presidente del Consiglio e, quindi, il Governo da lui diretto. Infatti, anche se formalmente il Presidente del Consiglio è tuttora nominato dal Presidente della Repubblica secondo sue proprie valutazioni, di fatto da qualche anno viene scelto dagli elettori che ne indicano il nome contestualmente alla elezione del Parlamento.
Possiamo dire che negli ultimi anni abbiamo innestato istituti di democrazia Presidenziale su immutate istituzioni idonee ad una democrazia Parlamentare. In queste condizioni non è più chiaro chi tra Parlamento e Governo abbia più legittimità democratica. E' il Governo che deve eseguire la volontà del Parlamento oppure è il Parlamento che deve eseguire la volontà del Governo?
come uscire dalla repubblica autoritaria
- di fatto la vigente legge elettorale ha reso la legittimazione democratica del Parlamento minore di quella del Presidente del Consiglio e, quindi, del Governo.
- di diritto, invece, il Parlamento è tuttora sovrano ed il Governo necessita della sua fiducia per potere operare.
Per risolvere questa ambiguità dobbiamo necessariamente restituire agli elettori il diritto di scegliere non solo i partiti ma anche le specifiche persone da cui farsi rappresentare. Dobbiamo quindi ammettere di nuovo il voto di preferenza.
Non sarebbe neppure male se i Parlamentari si ricordassero che "rappresentano la Nazione" e sono eletti "senza vincolo di mandato" (art. 67 Costituzione) e quindi al momento del voto votassero secondo coscienza per il bene dell' Italia e non secondo l'ordine del partito per il bene dei suoi dirigenti o padroni.
Dovremmo anche difondere le conoscenze su quella materia che una volta si insegnava a scuola col nome di "educazione civica". La gente deve conoscere ed apprezzare la differenza di funzioni e ruolo tra, per esempio, Parlamento e Governo, tra Sindaco e Consiglio Comunale. Solo se è istruita la gente può viglilare sul corretto andamento della democrazia.
Poi dobbiamo decidere cosa fare della nostra Democrazia:
- se vogliamo una democrazia Parlamentare dobbiamo lasciare immutata la Costituzione ed eliminare dalle schede elettorali l'indicazione del Presidente del Consiglio.
- se vogliamo una democrazia Presidenziale dobbiamo scrivere una nuova Costituzione. Facciamolo, però, con un progetto coerente che non annulli la separazione tra i poteri, non sminuisca i contropoteri e non ne alteri il bilanciamento!
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